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Stupor Mundi

La leggenda romana e la Prima Guerra Punica del 251 a.C.

Durante la Prima Guerra Punica a Palermo, intorno al 251 a.C., i Romani affrontarono una sfida tecnica molto particolare che ancora oggi affascina storici e appassionati: il trasporto di elefanti da guerra catturati ai Cartaginesi attraverso lo Stretto di Messina.

Questi imponenti animali rappresentavano un simbolo di potenza militare e dovevano essere portati a Roma come segno tangibile della vittoria. Tuttavia, la mancanza di mezzi navali adeguati per spostarli via mare spinse i Romani a una soluzione ingegnosa, esemplare della loro capacità tecnica e adattabilità.

La risposta fu la costruzione di un ponte galleggiante temporaneo, utilizzando una tecnica che prevedeva il collegamento di botti o piccole imbarcazioni affiancate a formare una base stabile. Sopra questa struttura mobile venne posta una passerella in legno, rinforzata con strati di terra e pietrisco per aumentarne la resistenza, e dotata di parapetti per garantire la sicurezza durante il passaggio degli elefanti e dei soldati. Questa soluzione permise di superare le difficoltà imposte dalla larghezza dello Stretto e dalle correnti marine, pur essendo temporanea e limitata nel tempo.

Un punto di riferimento fondamentale per comprendere questa tecnica si trova nella famosa Colonna Traiana a Roma, eretta tra il 113 e il 116 d.C. per celebrare le vittorie dell’imperatore Traiano nelle campagne daciche.

Tra i rilievi che decorano la colonna, infatti, sono raffigurati ponti sostenuti da barche affiancate, espressione diretta delle abilità ingegneristiche romane nell’uso di ponti galleggianti per attraversare fiumi e corsi d’acqua durante le campagne militari. Questo esempio iconografico conferma la plausibilità di un simile ponte sullo Stretto di Messina anche in epoche precedenti.

Sebbene la fonte storica primaria di questo racconto risieda in autori come Strabone e Plinio il Vecchio, che vissero secoli dopo l’episodio e basarono il loro resoconto su tradizioni orali o testi ormai perduti, la combinazione di queste testimonianze scritte e le rappresentazioni archeologiche offrono un quadro suggestivo di come i Romani riuscirono a risolvere difficili problemi logistici con soluzioni tecniche rapide e funzionali.

L’operazione, però, presentava anche delle criticità importanti: il ponte bloccava il traffico navale nello Stretto, costringendo le navi a un lungo viaggio intorno alla Sicilia, rallentando così il commercio e i trasporti marittimi.

Dopo l’attraversamento degli elefanti, la struttura fu smantellata o distrutta dalle correnti, scomparendo senza lasciare tracce materiali.

L’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891-1892 fu un evento di grande rilievo culturale e industriale, che richiamò l'attenzione di visitatori da tutta Italia e anche dall'estero.

Fu organizzata con l’obiettivo di mostrare i progressi fatti dall’Italia dopo l’unificazione del 1861, soprattutto mettendo in evidenza le eccellenze artistiche e industriali del Sud.

Questo fu il primo grande evento di tale portata ospitato nel Mezzogiorno, che fino ad allora era stato poco rappresentato nelle esposizioni nazionali.

Il prospetto principale dell'edificio

Il prospetto principale dell'edificio

La progettazione architettonica fu affidata a Ernesto Basile, che si ispirò all’architettura arabo-normanna tipica della Sicilia, integrando anche altri stili storici locali.

La struttura principale si estendeva per circa 600 metri lungo uno spazio aperto nel cuore di Palermo, con un ingresso monumentale situato all’angolo tra due strade importanti.

La sala delle feste

La sala delle feste

All’interno, l’area espositiva comprendeva dodici sezioni, tra cui una galleria d’arte, una mostra etnografica dedicata alla Sicilia e una esposizione di innovazioni tecnologiche come l’elettricità. Gli spazi erano arricchiti da giardini e fontane, e una ferrovia interna facilitava la movimentazione dei materiali per l’allestimento.

L’inaugurazione avvenne il 15 novembre 1891 alla presenza del re Umberto I e del presidente del consiglio Antonio Starabba, con un grande evento nel Salone delle Feste, un ambiente decorato in stile bizantino-siculo-normanno, caratterizzato da una grande cupola e altre raffinature architettoniche ispirate a modelli storici.

L’esposizione rimase aperta per circa sei mesi, attirando pubblico e partecipanti da diversi campi artistici e industriali.

Il salone dei mobili

Il salone dei mobili

L’esposizione presentò anche alcune tra le tecnologie più all’avanguardia per l’epoca, come la “macchina eliotermica”, un dispositivo in grado di produrre freddo e ghiaccio, considerato un precursore del frigorifero moderno.

Vi fu inoltre la presentazione di un progetto per un ponte sullo Stretto di Messina, ideato dall’ingegnere Angelo Giambastiani, anche se quest’opera non sarebbe mai stata realizzata 😄

Il salone dell'elettricità

Il salone dell'elettricità

Dal punto di vista culturale e sociale, questo evento contribuì a divulgare la conoscenza e il valore dell’industria siciliana nel contesto nazionale, favorendo un senso di identità regionale e nazionale.

Nonostante le tensioni sociali che seguirono negli anni successivi, l’esposizione rappresentò un simbolo di ottimismo e ambizione per l’Italia all’alba del XX secolo, segnando un momento chiave nell’evoluzione culturale del Paese.

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Un’infanzia tra leggenda e realtà

Nata a Palermo il 2 novembre 1154, Costanza d’Altavilla è stata l’ultima erede della potente dinastia normanna che ha unificato la Sicilia.

Figlia postuma di Ruggero II, fu cresciuta in un ambiente raffinato e istruito, ma anche ricco di intrighi e giochi di potere.

Un matrimonio che cambiò la storia

A 31 anni, Costanza sposò Enrico VI di Svevia, figlio dell’imperatore Federico Barbarossa. Questo matrimonio, celebrato con grande cerimonia a Milano nel 1186, aveva un obiettivo chiaro, unire la Sicilia normanna con il Sacro Romano Impero.

La scelta non era casuale, Costanza era l’unica erede legittima al trono di Sicilia dopo la morte del nipote Guglielmo II, che non aveva figli.

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La lotta per il trono

Alla morte di Guglielmo II, la nobiltà siciliana e il papato preferirono incoronare re Tancredi di Lecce, dando così inizio a una lunga e complicata disputa dinastica.

Costanza, insieme a suo marito Enrico VI, dovette affrontare guerre, tradimenti e anche la prigionia, fu catturata da Tancredi e tenuta a Salerno, per poi essere liberata grazie all’intervento del papa Celestino III.

Una maternità sotto i riflettori

Nel 1194, a quarant’anni, Costanza diede alla luce il suo unico figlio, Federico II, a Jesi nelle Marche. La nascita fu pubblica, in piazza, per chiarire ogni dubbio sulla legittimità dell’erede, considerando l’età avanzata della regina e le voci sulla sua vita monastica che alimentavano maledizioni e pettegolezzi.

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Regina, madre e reggente

Dopo la morte di Enrico VI nel 1197, Costanza assunse la reggenza del regno di Sicilia per il piccolo Federico II. In un periodo di grande instabilità, dimostrò grande abilità politica e diplomatica, riuscendo a mantenere il controllo del regno e a proteggere l’eredità del figlio.

Poco prima di morire, affidò Federico alle cure del papa Innocenzo III, assicurandogli protezione preziosa per il futuro.

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L’eredità di una donna straordinaria

Costanza d’Altavilla morì a Palermo il 27 novembre 1198, la sua figura rimane centrale nella storia medievale del Mediterraneo: ultima regina normanna di Sicilia, madre di uno dei più grandi imperatori del Medioevo, ha affrontato con coraggio e intelligenza le sfide del suo tempo.

La sua vita, sospesa tra leggenda e realtà, continua a affascinare storici e appassionati di storia ancora oggi. Non fu solo una regina, ma una vera protagonista della storia europea, capace di lasciare un segno indelebile nel destino della Sicilia e del continente intero.